Maria Lai e Grazia Deledda si sono sfiorate in vita. La prima è nata nel 1919, la seconda è morta nel 1936. Ma possiamo davvero dire che nelle vite di queste due donne ci sia stato un inizio e una fine? Nascere con un talento, seppure da affinare col tempo come nel caso di Maria e Grazia, porta la loro stessa esistenza a un prima che non ci è dato conoscere. Abbiamo però una certezza: l’ansia di precipizi dell’artista e l’ardore letterario della scrittrice ci hanno lasciato quel senso di infinito che per entrambe è stato esigenza intima, insita nel profondo. Grazia lo scorgeva al di là del mare e nei suoi romanzi; Maria l’ha riversato nelle sue opere, e quella tensione verso mete lontane la ritroviamo, esplicita più che mai, nella sua ultima opera pubblica, “Andando via”. Un monumento dedicato a Grazia, e alle sue donne. Nell’essenzialità delle forme che si stagliano, nere, sulle colonne bianche, è racchiuso un universo denso di motivi, emozioni, contraddizioni, conflitti interiori, amori profondi e laceranti, solitudini da confortare. La vita stessa, insomma.
Da questo lascito eterno è partito il progetto omonimo: seguendo l’insegnamento della stessa Maria Lai, secondo cui da ogni opera d’arte può nascere un’altra opera d’arte, le colonne bianche, con le loro sagome nere, si sono fatte tessuto. Il ritmo del telaio, tanto caro all’artista, ha ripreso a scandire momenti di straordinaria poesia: quelli che hanno visto una sinfonia di cinquanta mani unite raccogliere un’eredità immensa e reinterpretarla con l’atavica sapienza della tessitura.
“Questo dovrebbe fare l’arte: farci sentire più uniti, senza questo non siamo esseri umani”, così diceva Maria. E il progetto ideato da Giuditta Sireus ha la sua base ferrea proprio nell’unione fra persone, maestranze, conoscenze diverse che si intrecciano e creano una nuova trama, una nuova esistenza. Tutto il progetto nasce da lì: undici colonne mobili, ventidue arazzi diversi per paese di produzione e tecnica, ventitré Comuni sardi, venticinque laboratori tessili, cinquanta mani di donne. La materia solida, infissa nel terreno, si è fatta malleabile, itinerante. Sembrava non mancare nulla per considerarla perfetta già così. Ma quella vita di cui abbiamo scritto poco sopra fremeva per farsi carne, e sentimento, e passione.
Le nove donne di Grazia Deledda, Cosima, Olì, Maria Noina, La Madre, Annesa, Marianna Sirca e le dame Pintor, cessano di essere linee e forme geometriche, di essere personaggi di carta e inchiostro, e si raccontano come non hanno mai fatto prima. Un viaggio fisico e tangibile nel potere della letteratura, della musica, della danza, ma soprattutto nelle pulsioni e nelle passioni che animano gli esseri umani. E quell’opera ultima, fatta stavolta di lana e saperi antichi, permeerà di sé il palcoscenico con la sua tensione all’infinito.
Il varco è stato aperto e il 22 agosto 2020, all’Anfiteatro Comunale di Galtellì, le donne di Sardegna di ieri e di oggi ci mostreranno come oltrepassarlo.
Inizio spettacolo ore 21:30. Ingresso libero e gratuito.
Come previsto dalle norme in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’ingresso e la partecipazione agli eventi sarà consentito in osservanza delle disposizioni di legge. Tutti i presenti avranno l’obbligo di indossare la mascherina. L’organizzazione provvederà a disporre i posti a sedere con il distanziamento previsto dalla normativa.
Per informazioni sul progetto e sullo spettacolo:
Email: segreteria@andandovia.it
Foto di Alessandro Graffi
Performer: Claudia Tronci